L’obiettivo è l’obiettivo. - Perché la politica si deve misurare finalmente dai risultati.

Zurigo, 27.10.2005 - Il consigliere federale Christoph Blocher ha preso parte oggi al IX Congresso dell’Unione cantonale delle arti e mestieri di Zurigo. Nel suo discorso il consigliere federale Blocher ha parlato del deficit delle finanze federali, dell'aumento dei debiti di oltre 25 miliardi di franchi dall'approvazione, da parte del Popolo svizzero, del freno all'indebitamento. Vale il testo parlato.

«La strada è la meta»

Tutti sicuramente conoscerete la frase «la strada è la meta». Suona piacevole. Ecco perché la si sente così spesso. Chi manifesta questo pensiero raccoglie approvazioni.

La «strada è la meta» significa: non conta tanto il raggiungimento dell'obiettivo.

Dovremmo goderci il tempo che trascorriamo insieme. La «strada è la meta» significa: dobbiamo dare più valore alla collaborazione e favorire un modo di fare piacevole, non rapportando qualsiasi cosa al raggiungimento dell'obiettivo.

La «strada è la meta» significa che non è tanto importante dove stiamo andando; forse non sappiamo nemmeno se la strada ci condurrà a una meta. Ciò che è importante è che si è in viaggio e che si collabora piacevolmente.

Detto tra di noi: esaminandola attentamente si tratta di una tra le frasi più stupide. Forse il motto va bene per una passeggiata domenicale con la famiglia. Ma anche in questo caso ciò si limiterebbe ai genitori. Di solito i bambini sanno esattamente dove vogliono andare - al ristorante a cui si farà tappa durante la gita.

Il mio modo di vedere un lavoro di successo è un altro: ciò che è importante è solo il raggiungimento dell'obiettivo, il successo, l'adempimento dei propri compiti. Il nostro benessere personale non deve assumere un ruolo centrale. Altrimenti si fallisce immancabilmente non appena una decisione risulti sgradevole o comporti delle imponderabilità. La capacità di guida significa sapersi fare carico di cose spiacevoli nell'interesse del compito che si sta svolgendo. Nel caso in cui il capo supremo non lo facesse, i suoi collaboratori lo farebbero ancor meno e pertanto l'intera azienda cadrebbe in rovina. O una qualsiasi altra istituzione che dovrebbe provvedere a raggiungere i risultati.

Ma quale vantaggio mi dà la strada più bella, quando il risultato non è quello atteso? Ammettiamo che un falegname vi debba montare una porta, beh anche in questo caso vi aspettereste che essa non presenti difetti e che si possa aprire e chiudere senza difficoltà. Nessun artigiano cercherà di sminuire i difetti raccontandovi con entusiasmo quanto sia piacevole il clima di lavoro all'interno della propria azienda e quanto sia gradevole la collaborazione. A ragione farete valere il fatto che il risultato dev'essere impeccabile. Il processo ha un'importanza secondaria. Poiché la strada è solo una componente del risultato, ma mai il risultato stesso.

Tutti perlomeno avrete sorriso all'esempio del falegname e della porta. Nel commercio, nell'industria, nel libero mercato tutti sanno che ciò che conta sono i risultati. E a chi non lo sa, tale principio verrà insegnato in modo brusco dal mercato, vale a dire dai consumatori e dai clienti.

Purtroppo il motto «la strada è la meta» in altri settori trionfa a tutti gli effetti.

Le nostre scuole per diversi anni sono state gestite in base a questo principio. Con il risultato che i diplomati fanno fatica a comprendere un testo scritto in tedesco. Eppure tali capacità di base rientravano tra gli scopi ovvi e anche vincolanti dell'istruzione. Non parliamo poi dell'ortografia e delle abilità matematiche. Un tipo di pedagogia - e non parlo solo delle scuole, ma anche della famiglia - che parla ossessivamente esclusivamente della strada, dell'atmosfera e del benessere, inganna i bambini per quel che riguarda altre caratteristiche altrettanto importanti: la perseveranza, la consapevolezza della propria responsabilità, la disponibilità a prestare un servizio, l'orientamento verso una finalità.

Scopo principale: risanamento del bilancio

E cosa succede in politica?

«Per affermarsi nel clima di concorrenza internazionale la Svizzera deve promuovere i propri punti forti ed eliminare le proprie debolezze ... dobbiamo cioè equilibrare durevolmente le finanze federali». Ecco ciò che compare nel programma di legislatura del Consiglio federale. Dopo ogni elezione per il rinnovo del Parlamento tutto il Consiglio federale approva un documento in cui vengono citati gli obiettivi più importanti dei successivi quattro anni. Nel 2003 il Consiglio federale ha deciso di collocare al primo posto il risanamento delle finanze pubbliche. Non certo un lavoro facile. Ma l'obiettivo era chiaro. Circa la strada con cui raggiungere tale obiettivo ci sarebbe certamente da discutere. Bisogna scegliere la strada migliore. Ma non perché si tratti dell'obiettivo, piuttosto perché essa ci porterà all'obiettivo. Ogni strada deve garantire almeno una cosa, vale a dire il raggiungimento degli obiettivi che ci siamo prefissati.

Il risanamento dei bilanci è tuttavia un vecchio postulato. Già in occasione dell'investitura a ministro delle finanze nel 1996 Kaspar Villiger fissava gli stessi obiettivi. Cito testualmente:

  • «Si dovrà porre rimedio al deficit di bilancio entro alcuni anni» (eravamo nel 1996!)
  • «Le aliquote fiscali e contributive devono rimanere basse rispetto a quanto avviene a livello internazionale» (eravamo nel 1996!)
  • «Si dovranno sfruttare energicamente le possibilità di risparmio, anche le più piccole» (altro obiettivo risalente al 1996!)

Nove anni più tardi il bilancio che possiamo trarre è il seguente:
Nessuno degli obiettivi è stato raggiunto, nemmeno lontanamente.

I deficit di bilancio continuano a essere una triste realtà. Dal 1996 il debito è aumentato addirittura di 40 miliardi di franchi.
Per quel che riguarda le aliquote fiscali e contributive: in nessun paese industrializzato occidentale le tasse sono aumentate così tanto com'è avvenuto in Svizzera tra il 1990 e il 2002. A ciò si aggiungono tutte le imposte occulte, che aumentano incontrollatamente. Ricordo i premi delle casse malati o complessivamente la selva fiscale di Confederazione, Cantoni e Comuni.
Veniamo alla terza richiesta di Villiger: «Si dovranno sfruttare energicamente le possibilità di risparmio, anche le più piccole». Non mi sembra che nulla sia stato fatto in questa direzione. La politica impiega piuttosto la sua energia a trovare soprattutto quante più fonti possibili d'incasso. E purtroppo ci riesce. Ciò avveniva già prima del 1996. E successivamente nulla è cambiato.

Purtroppo dal 2003 le cose non sembrano essere cambiate.
L'obiettivo per la legislatura 2003/07 dovrebbe fissare la strada da seguire per quel che riguarda il bilancio federale. Nel corso dell'estate, il Dipartimento federale delle finanze è stato incaricato di «riconsiderare» le spese pubbliche, in modo da ridurle fino del 20 per cento. Non c'è bisogno di ricordare che addirittura membri del Governo si erano presentati davanti all'opinione pubblica per lamentare la generale «mania di risparmio ». Prima ancora che un solo franco fosse effettivamente risparmiato da qualche parte! Ci si lagna preventivamente su conseguenze puramente ipotetiche. Chi vede solo la strada che può essere faticosa, e che a volte lo deve essere, non trova naturalmente la forza necessaria a raggiungere un obiettivo. Fondamentalmente chi rifiuta ogni responsabilità rifiuterà anche di assumersi qualsiasi obiettivo vincolante. Chi prende a metro di paragone la propria bravura a essere piagnucoloso - una specialità a quanto sembra dei sessantottini - non raggiungerà nulla... a parte qualche vantaggio personale.

Poiché anche i politici sono a conoscenza dei propri punti deboli, si è dato vita al freno all'indebitamento al fine di determinare, per così dire, un obbligo di legge per il risanamento del bilancio pubblico. Nel 2001 il popolo e i Cantoni hanno quindi approvato tale progetto con l'84,7 per cento di voti favorevoli, impegnando pertanto la politica a rispettare un chiaro obiettivo: rinuncia a nuovi debiti. Volete sapere quanti miliardi si sono accumulati, e stiamo parlando solo della Confederazione, da questo memorabile responso delle urne? Preferireste non saperlo, però ve lo dico lo stesso. I debiti nel 2006 ammonteranno a 132,6 miliardi di franchi. Altri deficit sono già stati messi a bilancio. Pertanto dal sì del freno all'indebitamento abbiamo registrato una crescita dei debiti di oltre 25 miliardi di franchi - il che si traduce in 5 miliardi circa di ulteriori debiti all'anno. 5 miliardi all'anno. Nonostante il freno all'indebitamento. Ecco quali sono i risultati. Nonostante l'impegno previsto nella Costituzione. Nonostante obiettivi chiari. Tuttavia, pochi mesi dopo il sì al freno all'indebitamento, l'allora presidente del partito socialista, Christiane Brunner, ha rilasciato questa dichiarazione pubblica: «Sono convinta che il Consiglio federale tornerà sulla propria decisione. Deve posticipare l'introduzione del freno all'indebitamento e non deve cadere in un clima d'isteria da risparmio». (Tages-Anzeiger, 19.2. 2002) «Cadere in un clima d'isteria da risparmio»... Evidentemente il Consiglio federale si è attenuto ai consigli di Christiane Brunner. E lo stesso dicasi per il Parlamento: già i titoli dei giornali relativi al dibattito sul bilancio del 2001 la dicono tutta: la Berner Zeitung titolava «Il Consiglio nazionale abbandona la via dei risparmi». La Aargauer Zeitung riportava: «Sconfitte le velleità dell'UDC di procedere ai tagli». La Neue Zürcher Zeitung constatava: «Il dibattito sul bilancio al di là del freno all'indebitamento - avidità a frotte».

Referendum in materia finanziaria?

L'obiettivo è l'obiettivo. Perché la politica si deve misurare finalmente dai risultati. 25 miliardi di franchi di nuovi debiti dal 2001. E una crescita delle spese che supera di gran lunga la crescita economica reale, tenendo conto anche dell'inflazione. Nei prossimi quattro anni le spese ordinarie cresceranno del 14,5 per cento. Si tratta in media del 3,4 per cento all'anno. Per caso vi ricordate quand'è stata l'ultima volta che l'economia svizzera è cresciuta del 3,4 per cento? Il freno all'indebitamento è stato il primo tentativo della politica di farsi beffa di sé stessa. Un altro tentativo è stato portato nuovamente al centro del dibattito quest'estate: l'introduzione di un referendum in materia finanziaria. Una buona idea - peccato che non sia affatto nuova. Il referendum rappresenterebbe una possibilità nel rispetto della Costituzione di opporsi alle poste di bilancio tramite lo strumento referendario. Ogni spesa che eccedesse un determinato importo (ad esempio 10 milioni di franchi) potrebbe venir messa in discussione tramite la democrazia diretta, ed eventualmente evitata.

E la resistenza non si è fatta attendere. Il presidente della Commissione delle finanze del Consiglio nazionale e consigliere nazionale del PPD, Felix Walker, non è «un fan del referendum in materia finanziaria», per usare le sue stesse parole: «Il Parlamento è stato eletto dal popolo e ha il compito di garantire un bilancio equilibrato». Tramite il referendum in materia finanziaria la decisione verrebbe delegata al popolo, il Parlamento si sottrarrebbe quindi alle sue responsabilità. Beh andiamo: è meglio che le responsabilità si deleghino, piuttosto che sottrarsi a esse in continuazione. In fin dei conti il Parlamento non è stato in grado, nonostante il mandato costituzionale e il freno all'indebitamento, di garantire un pareggio di bilancio. Addirittura la presidente del PPD teme che con un referendum in materia finanziaria il Parlamento possa venir indebolito. Non indebolito, semplicemente posto sotto tutela dal sovrano, ossia dai cittadini. Basta comunque la minaccia di un referendum per dar vita a un miracolo a livello politico. Lo sanno tutti coloro che conoscono i meccanismi interni del sistema svizzero.
Il fatto che sia il PSS a tuonare in modo più fragoroso contro il referendum in materia finanziaria non ci deve stupire più di tanto. Il loro programma nel complesso è incentrato nello spendere, ridistribuire e portare al proprio mulino i soldi degli altri guadagnati con fatica. Ma veramente stiamo parlando solo dei politici di sinistra? Essi, com'è noto, non hanno la maggioranza. No, per il mancato raggiungimento dell'obiettivo sono corresponsabili molti politici borghesi, i partiti di centro, e gran parte delle associazioni economiche (tra cui purtroppo negli ultimi vent'anni rientra anche l'Unione delle arti e mestieri)!

Diminuire le spese - migliorare le prestazioni

Avete desiderato una contrapposizione tra amministrazione e imprese. A differenza di molti altri politici, non ritengo che l'amministrazione debba essere in contrasto con un'impresa. Da entrambe le parti c'è bisogno di una struttura dirigente ben definita, che raggiunga degli obiettivi chiari per mezzo dell'efficienza e di una spiccata consapevolezza nei confronti dei costi.

Struttura dirigente

Per quel che riguarda la struttura dirigente: la politica stabilisce la via da seguire, l'amministrazione la applica. O per dirla in maniera più semplice: la politica dirige - l'amministrazione esegue. Almeno così dovrebbe essere. Una suddivisione dei compiti non sempre di facile attuazione. Occasionalmente occorre schierarsi contro l'arbitrarietà dell'amministrazione. Spesso essa preferisce impegnarsi anche politicamente piuttosto che mettere in pratica le cose. E altrettanto spesso si deve sfuggire dalla tentazione di finire nelle premurose braccia dell'amministrazione.

Consapevolezza nei confronti dei costi

Per quel che riguarda la consapevolezza nei confronti dei costi: nell'ambito dell'Amministrazione federale essa è drammaticamente insufficiente. Non è presente né un calcolo dei costi, né si sa quanto costi un servizio allo Stato. Per imprenditori come voi queste sarebbero delle cose ovvie. Troverete delle risposte standard fino ai livelli più alti, che recitano ad esempio: «A livello della Confederazione non si devono mettere in conto né gli ammortamenti, né gli interessi. E lo stesso dicasi per le spese per il personale, dal momento che le persone sono comunque lì!». Su queste basi non si potranno effettuare affatto tagli alle spese. Sto parlando di tagli alle spese che non comportino un ridimensionamento dei servizi. Pertanto nella riforma dell'Amministrazione in corso si dovranno effettuare rapidamente tali calcoli e realizzare una disciplina in materia di costi. La creazione di una consapevolezza nei confronti dei costi è fondamentale per la sopravvivenza della Svizzera, affinché si possa disporre di una base ragionevole per lavorare senza perdite anche a livello statale. Questo non sarà un compito gradevole. La mia speranza è che alla fine non si constati solo con soddisfazione: «La strada era la meta!» senza però aver ottenuto niente.

All'interno del mio Dipartimento ho avviato una piccola riorganizzazione dei Servizi centrali, che è stata portata a termine quest'estate. Tale riorganizzazione è stata applicata internamente. In questo senso si sono passati al setaccio i settori informazione, informatica, finanze, personale, esercizio e logistica, nonché la segreteria.

Il fatto che ogni reparto (nell'Amministrazione: ogni Ufficio) crei il suo piccolo regno è un normale sviluppo. Ciò produce un gran numero di funzioni doppie. In una prima fase per ogni collaboratore - sottolineo, per ognuno dei collaboratori a tempo pieno, che sono complessivamente 585 - è stato definito l'ambito di competenze e, con l'aiuto di un value manager, si è stabilito quanti giorni di lavoro richiede ogni compito all'anno. Sono stati analizzati i dati ed effettuati i relativi colloqui.

In una seconda fase ci siamo chiesti dove è possibile creare più efficienza, dove si auspicano delle riduzioni e dove possono essere assegnati altri ambiti di responsabilità. Abbiamo rilevato che i nostri servizi centrali possono erogare lo stesso servizio con 116 collaboratori in meno. Quindi con una riduzione del personale del 20 per cento circa. Come ho già detto, la riorganizzazione si è conclusa. Naturalmente non abbiamo semplicemente licenziato 116 persone. Non si è proceduto a sostituire posti vacanti, non sono state rinnovate le assunzioni a termine, sono stati ridotti i compiti ed effettuati dei pensionamenti. Agli altri collaboratori sono stati dati sei mesi di tempo per cercare un nuovo impiego in collaborazione con i superiori e il servizio del personale. In seguito vi sarà comunque la possibilità di procedere ai licenziamenti.

L'obiettivo è l'obiettivo

L'obiettivo è l'obiettivo. Il nostro obiettivo dichiarato è quello di creare più efficienza nell'Amministrazione e quindi diminuire le spese a carico della collettività. La pianificazione di rinuncia dei compiti del Consiglio federale ha previsto per il DFGP tagli nell'ordine di 19 milioni di franchi - ne abbiamo raggiunti 28 milioni. Il bilancio 2004 prevedeva complessivamente per il settore del Dipartimento di giustizia spese nell'ordine di 1493 milioni - abbiamo chiuso a quota 1422 milioni. 70 milioni in meno. Quest'anno sono previste minori spese per circa 120 milioni di franchi rispetto al bilancio. E siamo sulla buona strada. Entro il 2008 le spese, che ammontano attualmente a 1490 milioni, dovrebbero venir ridotte a quota 1150 milioni. L'obiettivo è stato fissato. La strada non è facile. Ma la strada non è l'obiettivo. In questo modo le spese verrebbero ridotte del 23 per cento. E questo senza cancellare un singolo compito. Se ciò venisse applicato a tutta l'Amministrazione federale, si potrebbero ottenere tagli alle spese di 14 miliardi. E annunciare sgravi fiscali in grande stile. L'obiettivo è fissato.


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Servizio di comunicazione DFGP, T +41 58 462 18 18


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Dipartimento federale di giustizia e polizia
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